Si perderà sicuramente chi, deciso ad esplorare le aree interne di questa regione, decida di farlo alla vecchia maniera, e cioè senza l’ausilio di un navigatore. Si perderà, certo, ma di un dolce smarrirsi, tra boschi di faggi e brulli pendii scoscesi tra i quali, di tanto in tanto, vedrà spuntare una fattoria o una vecchia casa cantoniera.

Mi sono perso, di una ventina di chilometri almeno, per aver male interpretato un bivio appena fuori Ortona dei Marsi. Le strade sono deserte, non c’è nessuno a cui chiedere informazioni. È pur sempre il Lunedì di Pasquetta, col suo canonico tempo incerto e le comitive radunate tra bicchieri di vino e braci che crepitano. Fortunatamente, ci siamo però lasciati alle spalle le masnade di avventori occasionali che in questo giorno infestano il Parco Nazionale e le limitrofe aree pic-nic, e siamo ora fermi da qualche parte, in una faggeta, indecisi sul da farsi.

Escursione Parco Nazionale Abruzzo

La faggeta

Alla fine cedo. L’intuizione di aver sbagliato strada al bivio di cui sopra è lampante, ma il sole inizia a scendere e non possiamo tardare oltre. Programmo quindi il navigatore, che conferma la mia ipotesi, e procediamo a ritroso per un bel tratto, fino al bivio di cui sopra, nel cuore della Valle del Giovenco. Questa zona, celebre sin dai tempi dell’imperatore Nerone per via delle note proprietà terapeutiche delle sue acque, è oggi un luogo splendido e dimenticato in gran parte dell’anno per via del carattere ostile delle sua morfologia. Un indole burbera, che poco si confà ai moderni ritmi della società in cui viviamo.

Attraversare questa valle proietta il viaggiatore in un universo onirico recandogli, anche solo per un breve istante, l’illusione di poter afferrare lo spirito d’avventura col quale Alan Lomax, William Woodward, Heinrich Federer e altri illustri studiosi esplorarono le terre d’Abruzzo nel tentativo di carpirne le primitive essenze.

Il suo aspetto, le sue architetture, gli usi e costumi, e i suoi toponimi, come quello del Passo del Diavolo che dalla Strada 83 Marsicana conduce giù, verso la Valle del Fucino, sono l’espressione più vera di questo luogo, contesto perfetto per un romanzo (gotico?) dal sapore vagamente antico.

Gioia dei Marsi

Gioia Vecchio

Incrociamo una seconda biforcazione, questa volta non segnalata. Il navigatore resta muto, ma quella bianca strada brecciata che si inerpica nel bosco oltre i confini dell’asfalto è un’intuizione più che lampante. Imboccandola infatti scorgiamo subito una freccia direzionale in legno: Sperone 0.50.

Felice del fatto che, nonostante tutto, il mio settimo senso abruzzese non sia poi così arrugginito, percorriamo la mulattiera fino a raggiungere un primo agglomerato di case poste su uno spiazzo erboso dinnanzi a una chiesa abbandonata. Il nucleo ricorda molto vagamente un insediamento pastorale di moderna fattura, ma la disposizione delle strutture è anomalo, e sembra piuttosto essere stato realizzato per uno scopo diverso.

Un gruppo di persone è impegnato in un pic-nic di fronte la chiesa. Mi avvicino per chiedere la direzione da seguire per raggiungere Sperone vecchio, perché quello attorno certamente non può essere lui.

Cercate Sperone vecchio-vecchio o Sperone nuovo-vecchio?

La domanda mi lascia un po’ spiazzato. Non sapevo dell’esistenza di uno Sperone “nuovo – vecchio”, ma so di per certo di avere una certa propensione per il vecchio – vecchio. Così chiedo indicazioni per quest’ultimo, e maggiori informazioni sull’altro.

Chiese in Abruzzo

Chiesa di San Nicola nel borgo di Sperone “nuovo – vecchio”

Annoiati e piuttosto appesantiti dal pranzo appena concluso, gli uomini del gruppo prendono a raccontarmi la storia del borgo nuovo.

A seguito del disastroso terremoto della Marsica del 1915, gli abitanti della parte più antica di Sperone furono organizzati in nuove strutture poste più a valle rispetto all’insediamento originale. Di fronte al nuovo agglomerato fu inaugurata nel 1957 una chiesa dedicata, come quella situata nella parte vecchia, al culto di San Nicola, patrono del paese. Progressivamente anche il nuovo nucleo abitativo fu abbandonato dai pochi abitanti rimasti, che si spostarono nella vicina e più agevole Gioia dei Marsi, in un quartiere popolare realizzato appositamente per loro, e che ancora oggi porta per questo il nome di Borgo Sperone.

La seconda ondata migratoria decretò quindi la fine di Sperone, che già nel 1840 contava appena 220 unità. Un paese di carattere essenzialmente pastorale e agricolo, fondato in epoche in cui l’impervia accessibilità alle porte di un villaggio, e la sua posizione strategica, rappresentavano ancora elementi di vitale importanza.

Non a caso infatti la torre medievale posta in cima al paese vecchio, edificata nel XIII secolo dai Conti dei Marsi, aveva lo scopo di controllare la zona da possibili attacchi provenienti, a Nord – Est, dalla vicina Valle Peligna e, a Nord – Ovest, dai paesi della zona del Fucino. Col finire di tale necessità decadde anche il valore tattico di tale avamposto, che fu progressivamente abbandonato fino a quei tragici eventi del 1915.

paesi fantasma abruzzo

Sperone Vecchio, con la torre dei Conti dei Marsi in alto e il resto del paese adagiato sul declivio

Dal sentiero che dal borgo più a valle conduce verso la sommità del Monte Serrone, sul quale l’originale paese riposa, vediamo spuntare la torre, simbolo del borgo vecchio e unica testimonianza di ciò che questo luogo rappresentò per i suoi fondatori.

viaggio in abruzzo

Torre di guardia di Sperone vecchio

Una volta raggiunta, ci fermiamo ad osservare il panorama circostante arrampicati su un macigno ai piedi della stessa. Lo scenario si apre ampio sul vicino Valico della Forchetta, giù fin dove un tempo era forse possibile ammirare le rive del Lago Fucino. Un paesaggio che una volta doveva rappresentare la quotidianità di gabellieri e cavalieri, e di cui oggi è rimasto solo lo stesso cielo, lo stesso vento.

Valle del Fucino Avezzano

La Conca del Fucino, vista dalla Torre di Sperone

Dalla medesima angolazione è possibile avere una visione d’insieme del borgo post – sisma più a valle, con l’ordinata disposizione dei nuovi caseggiati e la nuova chiesa di San Nicola di fronte ad essi.

Sperone vecchio

Il borgo “nuovo – vecchio”, realizzato dopo il sisma del 1915

Do un ultimo sguardo attorno prima di avventurarmi tra i ruderi delle case limitrofe alla vecchia torre, senza tuttavia trovarvi nulla di particolarmente rilevante da fotografare.

Un ultimo sguardo a Sperone nella sua complessità, paese abbandonato due volte, dal destino segnato molti secoli prima che questo venisse a compimento. Borgo oggi preda di rovi e sterpaglie, ma che sotto di essi conserva ancora la fierezza mansueta di un docile e selvatico animale intorpidito dal tempo. Un animale simile a quell’orso marsicano che proprio in questi luoghi è solito transitare per la gioia, purtroppo, di avventori occasionali e spregiudicati fotografi, che sempre di più ne disturbano la naturale attività biologica.

Forse nessuno di loro, nel corso di una di queste visite nei pressi di Sperone, si ferma mai a contemplare la forma e temperamento di questo antico avamposto. Altrimenti, più che al celebre plantigrado, dedicherebbe a questo borgo qualche scatto, e forse un po’ di sana, umana empatia.

Vivo a Sulmona (AQ), dove sono nato e dove da qualche anno ho deciso di tornare a vivere. Mi occupo di web content e redazione di articoli, saggi e sceneggiature. Dall'autunno del 2013 sono inoltre editor di Gotico Abruzzese, un progetto nato con l'intento di raccontare un Abruzzo onirico e fuori dall'ordinario.