Di Antonio Secondo. Foto di Anna Merizz

L’unica pellicola italiana distribuita dall’americana Troma, famosa casa di produzione di B-Movies e film di serie Z, fu Il Bosco 1, del regista Andrea Marfori. Credo di poter affermare che assieme a L’uomo Puma di De Martino e Il Calabrone Verde di Michel Gondry, Il bosco 1 sia indiscutibilmente tra i film peggiori che abbia mai visto, nonostante, a differenza di quello di Gondry, sia stato scritto e filmato in un’ottica dichiaratamente trash.

La trama de Il Bosco 1 è facilmente intuibile dal titolo: un povero sfigato si ritrova per una serie di circostanze intrappolato in una sorta di magione nella foresta, asserragliato da forze oscure che tentano di farlo fuori, il tutto condito da un maniaco con una cuffietta da motociclista anni ’30 che lo insegue in ogni dove. Non è propriamente brutto, direi più grottesco, il che rappresenta, almeno per me, un’accezione tutt’altro che negativa.

Il bosco 1 troma

Il cattivo in cuffietta de Il Bosco 1

In questo momento ho due motivi per ripensare a Il Bosco 1. Il primo è che siamo in un bosco. Dobbiamo visitare il Santuario della Madonna di Pietrabona, in quel di Castel di Ieri, provincia di L’Aquila, un eremo nascosto in una foresta appena fuori l’abitato, dalla storia singolare ed affascinante.

Il secondo è che stasera, dopo un intero mese passando in rassegna i titoli in concorso per il festival di Cannes, un film demenziale e senza senso ci sta tutto.

A scortarci nella visita è Rossano, un ragazzo del luogo, seguito dalla signora Maria, conosciuta in paese come “la mutarella”, per via del suo handicap. Custodisce lei le chiavi del sito, ma non ha la macchina e comunque non potrebbe illustrarci le particolarità del luogo, per via del suo problema. E’ una signora adorabile, raccoglie asparagi lungo il cammino e mi spiega a modo suo la differenza tra il rosmarino selvatico e altri tipi di piante.

Santuario Madonna di Pietrabona

La signora Maria raccoglie ed illustra erbe spontanee

Il Santuario fu costruito nel 1183. Leggenda vuole che il nome derivi dalla visione di un pastore che trovandosi a transitare in questo luogo fu colto da una frana e salvato dall’apparizione della Vergine con il bambino che si materializzò su di una parete rocciosa (per questo “pietra – bona”). In realtà, molto più probabilmente, l’eremo come spesso accade fu costruito su di un antico tempio pagano, in questo caso dedicato al culto della Dea Bona, che non era, come potreste pensare, una divinità molto affascinante, ma una dea laziale operosa ed esperta in tutte le faccende domestiche, figlia di un fauno, molto pudica e devotissima a suo marito. Quando un giorno quest’ultimo, rientrato in casa, la trovò ubriaca di vino la percosse a morte con un ramo di mirto, per questa ragione la suddetta pianta era bandita dai santuari a lei dedicati.

Eremo Madonna di Pietrabona Castel di Ieri

Il campanile della chiesa con il Colle San Donato sullo sfondo

Il complesso principale della struttura è costituito dalla chiesa, ancora oggi affrescata con i suoi decori originali. Nella sacrestia vi sono gli ex voto dei fedeli, alcuni oggetti ed immagini sacre appartenute agli eremiti che qui, proprio come nell’eremo di San Venanzio, hanno vissuto fino agli anni ’60 e una piccola botola, mediante la quale è possibile scendere in quella che una volta era la cripta / ossario. Quando Rossano ce la indica chiediamo alla velocità della luce se sia possibile calarcisi per fare qualche fotografia. Lui ride e risponde di si anche se, dice, “le ossa le hanno tolte quasi tutte”.

L’ambiente è angusto, fresco e umido. La cripta si sviluppa per l’intera lunghezza della chiesa sovrastante. Dentro siamo io, la fotografa e un amico, le luci dei cellulari puntate a terra ci mettono poco ad individuare un teschio nascosto tra i ciottoli.

Eremi della majella

L’incontro col teschio

Qui nel 1600 i cittadini di Castel di Ieri accatastavano i cadaveri degli appestati, trasportandoli fuori dal paese su trabiccoli in legno. L’intera stanza ne era piena e le loro spoglie rimasero in questo luogo per anni prima di essere spostate in una specie di ossario ricavato in una nicchia nella parete di roccia dietro la struttura.

eremo san liberato a majella

Il nuovo ossario nella nicchia dietro la chiesa

Di fianco al nuovo ossario è presente una cavità in cui sorgeva il nucleo originale dedicato al culto, oggi murato. Da questo punto è possibile accedere a quella che era l’abitazione degli eremiti: due stanze spartane e servite da un largo camino, supporti per candele al muro e un inginocchiatoio di antica fattura. La guida ci spiega che gli ultimi eremiti che qui hanno dimorato erano abitanti del paese che hanno voluto dedicarsi ad una vita povera e ascetica. Quando mi propongo come nuovo anacoreta Rossano mi fa presente che la Chiesa da diverso tempo non accetta più la presenza di eremiti in luoghi di culto come questo. Mi spiega infatti che negli anni ’90 un eremita si era proposto per abitare questo sito, ma è stato rifiutato.

Gli eremiti non fanno parte di alcun ordine” – dice – “non stanno a nessuna regola, e pertanto non sono controllabili” aggiunge con un sorriso malizioso.

Eremo celestino V

Effetti personali degli eremiti di Pietrabona

Poco male, abbandonare tutto per vivere isolato dalla civiltà ha poco senso in un’epoca in cui persino un eremita può permettersi una chiavetta per internet, 10 grammi di fumo e un Playstation 3 con decine di survival horror.
Ero già un eremita e non lo sapevo.

Valle subequana

Pipistrelli nell’abitazione degli eremiti

Attraverso l’abitazione si accede infine ad un piccolo spiazzo a strapiombo sul canyon del Rio Scuro, il fiume che scorre sotto la valle. Dall’altra parte del fiume sorge Colle San Donato, caro agli abitanti di Castel di Ieri in quanto, sempre secondo tradizione, fu chiamato in questo modo dopo che il loro Santo protettore, San Donato appunto, fu trasportato lungo la sua cresta dopo essere stato inviato da Roma. Arrivò il giorno dopo pasquetta grazie ad una specifica richiesta da parte dei paesani presso le massime autorità vaticane. I cittadini infatti, non avendo ancora un santo protettore per il loro borgo, ne reclamavano uno a gran voce e per questo fu inviato loro in dono (per questo San “Donato”) il cadavere di un militare crociato. Il corpo giacque per tre giorni all’interno della chiesa di Pietrabona, prima di essere trasportato in paese con grande giubilo di tutti gli avventori. Per commemorare quel giorno, si ripercorre ancora oggi in processione il cammino che dal centro del paese arriva fin qui, al Santuario di Pietrabona, il martedì dopo Pasqua. Una volta era usanza durante la processione alzare i bambini al passaggio della statua della Vergine, oggi custodita nella chiesa principale del paese.

Come arrivare madonna di pietrabona

Particolare della statua della Madonna di Pietrabona, oggi custodita nella chiesa principale del paese

Si credeva infatti che la Madonna di Pietrabona proteggesse i bambini da ogni male, mentre il santo protettore, San Donato, com’è noto, da quello più grande di tutti: l’epilessia.

La mutarella mi incita a prendere un rametto di edera, che qui cresce copiosamente. E’ buona norma portarne via un po’ dopo la visita al santuario, come buon auspicio.

Il tempo si fa incerto, è ora di rientrare. Rossano mi racconta ancora qualche storia, come quella di quando lui e i suoi amici venivano qui per il pranzo di pasquetta e sfottevano gli abitanti del vicino borgo di Goriano Sicoli che invece non si calavano fino al Santuario, ma restavano dal loro lato del fiume, arroccati sulle cime rocciose del colle, scrutando ogni cosa dall’alto.

Gli Apache li chiamavamo”, ride.

Nel rientrare sostiamo presso le vicine rovine del Tempio Italico e nella chiesa di Santa Maria del Soccorso, appena fuori il paese, oggi chiusa a seguito del sisma del 6 Aprile 2009, che da queste parti ha sconvolto un po’ tutto.

Il sole comincia a sparire al di là della cresta del Sirente. Dal belvedere di Castel di Ieri guardo Colle San Donato illuminato dalla luce della sera, i pini di cui è ricoperto riflettono la luce del tramonto traducendola in colori tenui, appena percettibili. Da qualche parte in quella foresta la pietra sulla quale secondo la leggenda è apparsa la Vergine col bambino è oggi nascosta dalle piante e quasi me l’immagino una colonna di fumo spuntare dal bosco in cui gli eremiti, accucciati vicino al camino acceso, aspettano la notte, assieme a ossa e pipistrelli.

 

Vivo a Sulmona (AQ), dove sono nato e dove da qualche anno ho deciso di tornare a vivere. Mi occupo di web content e redazione di articoli, saggi e sceneggiature. Dall'autunno del 2013 sono inoltre editor di Gotico Abruzzese, un progetto nato con l'intento di raccontare un Abruzzo onirico e fuori dall'ordinario.