Di Antonio Secondo – Tutorial a cura de La Bottega di Pal

Girato sullo sfondo delle verdi ed isolate montagne abruzzesi, Magnificat di Pupi Avati è, più che un film, un vero e proprio documentario sul mondo medievale.

Narrato in forma polivocale, la pellicola rappresenta il periodo storico in cui paganesimo e cristianesimo viaggiavano su strade parallele, il primo indiscutibilmente nelle mani di superstiziosi contadini, mentre il secondo proprietà quasi esclusiva della nobiltà aristocratica, che grazie al nuovo culto intendeva elevarsi socialmente, facendo vanto di una più raffinata cultura del credo.

Magnificat, di Pupi Avati (1993)

Magnificat, di Pupi Avati (1993)

Il termine paganesimo deriva da “paghi”, appellativo con cui in epoca romana venivano indicati i villaggi di contadini al di fuori delle mura dell’urbe, rappresentati spesso da una totale indipendenza di carattere amministrativo, legislativo e religioso. Con l’avvento e la diffusione del cristianesimo, pago divenne l’epiteto dispregiativo con cui i moderni cittadini dell’urbe usavano definire i villici contadini ancorati a rurali superstizioni di carattere religioso, dai contorni violenti e primitivi.

Con gli anni il proselitismo della chiesa cattolica ad opera dei suoi rappresentanti tentò di mutare queste tradizioni convertendo i contadini al Vangelo. I templi pagani dedicati al culto di divinità come Bàal o di altre effigi sacre a quei contadini vennero ricostruiti sotto un profilo cristiano, e dedicati a santi e martiri che con le loro opere avevano contribuito a professare e rendere grande la parola di Cristo. I contadini però, restii a rinunciare del tutto alle proprie tradizioni, adattarono semplicemente il proprio credo alla nuova dottrina, dando alla luce dei culti ibridi, a metà strada tra antico e moderno. Il paganesimo come religione animista e politeista scomparve allora quasi del tutto dal mondo occidentale, per tornare alla ribalta in epoche recenti con l’operato di moderni esoteristi come Crowley o il suo maestro, Samuel Liddell MacGregor Mathers, e di dottrine quali il druidismo e la wicca, tanto per citarne alcune tra le più conosciute.

Young Crowley...circa 1890: English author magician and occultist, Aleister Crowley (Aleister Edward Crowley) (1875 - 1947) with a selection of occult instruments. (Photo by Hulton Archive/Getty Images)

Edward Alexander Crowley, padre dell’occultismo moderno

Dall’unione tra i rituali ecclesiastici con quelli tipicamente rurali nacquero una serie di ibridi, a metà strada tra i due, alcuni dei quali perpetrati ancora oggi nei riti della tradizione popolare.

Ma se per taumaturgia si intende il potere di santi, eremiti o re (detti appunto re taumaturghi) capaci di curare malattie grazie a poteri soprannaturali, con il termine teurgia viene invece indicata l’acquisizione delle stesse proprietà apotropaiche in piante o oggetti inanimati, mediante quello che i sacerdoti greci chiamavano telestikè, ossia specifici riti col chiaro intento di inserire la divinità all’interno di essi. Questi riti furono fatti propri dai contadini e tramandati mediante la tradizione orale di generazione in generazione, fino alla loro mutazione o scomparsa. Parliamo ad esempio degli amuleti realizzati con pietre o metalli preziosi come l’argento, che si credeva rappresentasse la luna e proteggesse dai fasti notturni, in cui spiriti maligni tornavano sulla terra per perseguitare gli uomini. Alcuni di questi amuleti assumevano forme specifiche, falliche, di animali o di oggetti, a seconda dell’intervento a cui erano mirati, fosse questo fecondità, abbondanza, protezione di bambini in fasce o da malattie di ogni genere. Si usava per esempio ambra o denti di cane o cinghiale contro le malattie veneree, amuleti a forma di chiave contro il ballo di San Vito, noci contro le lombaggini, amuleti a forma di ferro di mula (cui cui a volte i malati venivano marchiati a fuoco) contro i morsi dei cani rabbiosi o la pietra serpentina contro il morso dei serpenti.

Antichi amuleti per la protezione di infermi, realizzati con pietra, ambra, ferro, dente di cane levigato

Antichi amuleti per la protezione di infermi, realizzati (da sinistra) con pietra, ambra, ferro, dente di cane levigato

L’Abruzzo, notoriamente terra di villici o paghi, non fu da meno, e proprio come la Basilicata, la Calabria e il resto del meridione italiano accolse la nuova cultura religiosa senza rinunciare alla propria, mescolando i rituali esoterici che contraddistinguevano gli isolati villaggi all’ombra della Majella, del Sirente o del Gran Sasso con le nuove forme di rito cattolico.

Uno degli esempi più rappresentativi di questo passaggio sono certamente i serpari di Cocullo dediti in epoche antiche al culto della divinità pagana Angizia, a cui tutti i popoli marsicani erano particolarmente devoti, e convertitisi a quello di San Domenico eremita, che succedendo alla prima ne acquisì le proprietà taumaturgiche, come il potere di curare dal morso velenoso dei serpenti.

amuleti

Esempi di Brevi, amuleti abruzzesi contro malattie ed avversità

Molto diffusi tra i popoli abruzzesi erano anche i brevi e gli scapolari: particolari amuleti costituiti da sacchetti confezionati con ritagli di stoffa contenenti elementi di carattere religioso, sia pagano che cristiano, da portare attorno al collo o da  cucire direttamente all’interno delle vesti, per garantirsi la protezione contro ogni tipo di avversità.

Scapolare di antica fattura con immagine sacra

Scapolare di antica fattura con immagine sacra

Il breve era in genere realizzato generalmente da suore, recava un’immagine sacra sulla parte frontale e veniva venduto o ceduto in seguito ad un’offerta. Gli scapolari erano invece di fattura più casalinga, realizzati per la protezione dei propri cari, a cominciare dai bambini. Contenevano solitamente santini, acqua santa, palme benedette, ghiaia teurgica e, per in quelli dei neonati, placenta. Si diceva che chi lo confezionava non potesse rivelarne il contenuto alla persona a cui veniva regalato, fatta eccezione per il santino in esso contenuto, recante l’effigie di un santo protettore.

A questo scopo abbiamo voluto, in collaborazione con La Bottega di PAL, realizzare un tutorial fotografico su come confezionare uno scapolare, sperando di rintrodurre così almeno una di quelle tradizioni oggi dimenticate, e contribuire un poco affinché quel mondo antico non sprofondi completamente nell’oblio.

OCCORRENTE:

  • Un rocchetto di filo per cucito e un ago
  • Forbici
  • Un santino o immagine sacra
  • Elementi teurgici (pietre particolari, sale, nastrini, ulivo benedetto, rosari, icone sacre in argento o oro)
  • Spago
  • 2 rettangoli di stoffa
Occorrente per la realizzazione di uno scapolare

Occorrente per la realizzazione di uno scapolare

Cucire assieme i 2 ritagli di stoffa lasciando aperto un latro per potervi inserire il materiale. (fig. 1)

Fig.1

Fig.1

Inserire gli elementi teurgici all’interno del sacchetto (Fig.2).

Fig.2

Fig.2

Chiudere il sacchetto (Fig.3).

Fig.3

Fig.3

Tagliare un pezzo di spago, lungo abbastanza da poter essere indossato al collo, e applicarlo al sacchetto chiuso (Fig.4).

Fig. 4

Fig. 4

Risultato finale.

Risultato finale

Lo Scapolare

Buona norma sarebbe quella di recitare preghiere, suppliche alla Vergine o formule magiche durante tutta l’operazione, ma dal momento che in pochi lo faranno consigliamo di concentrarsi affinché la vostra energia si trasmetta all’amuleto.

O, per lo meno, mettete su un pezzo dei Salem.

Vivo a Sulmona (AQ), dove sono nato e dove da qualche anno ho deciso di tornare a vivere. Mi occupo di web content e redazione di articoli, saggi e sceneggiature. Dall'autunno del 2013 sono inoltre editor di Gotico Abruzzese, un progetto nato con l'intento di raccontare un Abruzzo onirico e fuori dall'ordinario.