Di Antonio Secondo | Foto a cura di Gotico Abruzzese e degli allievi del corso “Diari di Viaggio” di Marco Taddei e Alessandro Pace.


Qualcuno l’ha definita “l’enorme soffitta in cui tutti vorremmo entrare a curiosare” ed effettivamente è quella la sensazione che si prova varcando la soglia de La Giostra della Memoria, museo che dagli anni ’90 la signora Angiolina Balduzzi gestisce con rara dedizione. Una raccolta inusuale di oggetti di ogni tipo, testimonianze, ammennicoli e soprattutto storie che questa professoressa di filosofia in pensione ha provveduto durante un’intera vita a raccogliere, archiviare, allestire, oggi con il concreto aiuto di sua figlia Valina D’Alessandro, che proprio come sua madre sente il dovere di preservare e continuare a raccontare.

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La stanza delle ceramiche della Majella. © Davide Pitetti

Il museo è organizzato in cinque case comunicanti tra loro nel pieno centro di San Salvo, a pochi chilometri di Vasto, in provincia di Chieti; una piccola perla nascosta tra palazzi affacciati come terrazze sul quieto mare Adriatico, in questo affascinante punto della costa est in cui, nelle belle giornate senza foschia, è possibile scorgere all’orizzonte le ambite spiagge delle Tremiti. La visita si snoda attraverso un labirintico percorso circolare in diverse stanze tematiche atte a raccogliere oggetti e manufatti tipici della cultura italiana e abruzzese di qualche lustro orsono.

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Pelle di serpente / Stanza della medicina popolare. © Gotico Abruzzese

Nella stanza della medicina popolare ad esempio è possibile ammirare articoli propri delle antiche farmacie e dei rimedi fai da te, tanto cari agli antichi popoli abruzzesi, che nelle spontanee erbe di montagna come la ruta, l’iperico, la salvia, lo zafferano o il rosmarino trovavano ora efficaci stratagemmi per difendersi da patologie del fisico quali mal di testa, di denti o di stomaco, ora validi alleati per preservare il buonumore, la fecondità o per proteggersi da fatture e malocchi.

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Stanza della medicina popolare.  © Gotico Abruzzese

Pelli di serpenti, infusi di erbe, rimedi della nonna: tutto ordinatamente esplicato da cartelli rigorosamente scritti a mano, come da buona consuetudine ante litteram, in perfetta coordinazione con un luogo che intende raccontare la vita prima che questa fosse soffocata dalla foga delle moderne tecnologie.

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Stanza della pubblicità vitrea. © Rosalba Verna

Fanno bella mostra di sé a seguire: la stanza della maestra, in cui un centenario fantoccio di Pinocchio da’ il benvenuto ai visitatori seduto ad un banco scolastico degli anni ’30, corredato di calamaio e pennini, e nella quale è possibile osservare abecedari ed altri articoli scolastici dei nostri padri e dei nostri nonni. La stanza di Don Cirillo, parroco e amico oggi scomparso della signora Angiolina, a cui quest’ultima ha voluto dedicare una collezione di ex voto, statue di San Vitale (protettore di San Salvo), antiche natività e fotografie. La stanza del contadino, forse tra le più interessanti, in cui sono raccolti strumenti da lavoro e oggetti di uso quotidiano grazie alle quali le genti d’Abruzzo sono da sempre riuscite a mantenere, nonostante la miseria, la propria identità e dignità. La stanza delle ceramiche, forse tra le più suggestive, le cui pareti sono ricoperte da antiche vòzze, piatti e brocche realizzate e decorate a mano, provenienti dalle città di Palena (AQ) e Rapino (TE), che proprio come gli abitanti della più famosa Castelli (TE) usavano lavorare artigianalmente questo materiale.
Il tour della cultura abruzzese prosegue poi nella stanza della cucina, in quella della transumanza e in quella della sposa, in cui un ottocentesco telaio in legno per tessitura è circondato da corredi e abiti da sposa di altri tempi, così inusuali per noi giovani abruzzesi, eppure toccanti, forse per via dei numerosi messaggi d’amore come “Sempre fedeli” ricamati qui e là.

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La signora Angiolina nelle sue stanze. © Davide Pitetti

La visita giunge al termine con la visita alla stanza della pubblicità, molto apprezzata da studenti ed appassionati del settore, in cui cimeli in latta, vitrei e di altra natura raccontano l’evolversi della comunicazione italiana attraverso slogan leggendari impossibili da dimenticare, e attraverso la stanza delle bambole, raccolte durante ogni sorta di viaggio ed esperienza dalla signora Angiolina, e della quasi totalità delle quali è in grado di raccontare la storia.

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La stanza delle bambole. © Federica Toma

E’ da dettagli come questo, il racconto di ogni singola storia, che si percepisce l’amore di Angiolina verso il suo museo, che forse altro non è che proprio una raccolta di storie. Già perché, al di là di ciò che l’oggetto rappresenta o ha rappresentato nel contesto storico o nella funzione in cui fu operativo, i cimeli di Angiolina raccontano la storia di chi li ha posseduti, amati o odiati, ma con i quali sempre e comunque ha condiviso una propria esperienza fino al giorno in cui sono giunti in questo museo, a raccontarla.

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Utensili nella stanza del contadino. © Rosalba Verna

Le forche da barbabietola nella stanza dei contadini, le brocche della transumanza col becco realizzato calcando il naso degli artigiani che le producevano, gli arredi di aristocratici medici del ventennio, gli strumenti di medicina popolare, i servizi di piatti, i corredi da sposa, i giocattoli, le vesti: ogni oggetto entrato nel mondo di Angiolina sembra essere lì in attesa di ricevere udienza. A colpire chi in questo straordinario mondo fa il suo ingresso  è la maniera in cui gli oggetti sembrano sempre assumere nuove sfumature, forse per via del fatto che, come ci confida la stessa Angiolina, tutto l’allestimento subisce spesso rinnovamenti e variazioni per diverse ragioni, ma forse anche perché, come è accaduto a noi entrando ed uscendo dalle stanze, ogni volta si resta colpiti da un dettaglio diverso dalla visita precedente, da qualcosa che, una volta adocchiata, sembra chiamarti e chiederti a gran voce di prestare l’attenzione necessaria ad ascoltare.

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Stanza della medicina popolare. © Davide Pitetti

Le stanze di Angiolina sono così, un luogo per alcuni confuso ma che in realtà non ha nulla dell’isteria da Sindrome di Diogene, una soffitta abitata da dolci e quieti fantasmi in cerca solo di qualcuno con cui conversare.

Link e collegamenti:

La Giostra della Memoria Facebook | Come raggiungere il museo


Parte delle foto contenute in questo articolo sono state scattate dagli allievi del corso “Diari di Viaggio”, a cura di Alessandro Pace e Marco Taddei. Per maggiori info sulle nuove edizioni del corso clicca qui.

Vivo a Sulmona (AQ), dove sono nato e dove da qualche anno ho deciso di tornare a vivere. Mi occupo di web content e redazione di articoli, saggi e sceneggiature. Dall'autunno del 2013 sono inoltre editor di Gotico Abruzzese, un progetto nato con l'intento di raccontare un Abruzzo onirico e fuori dall'ordinario.