Tra le mura del castello di Cansano, ormai nient’altro che un cortile di ruderi, pietre e porte, cent’anni fa viveva una donna curiosa ed eccentrica, come gli altri figlia della terra e dedita ai campi.

Il suo nome era Chiara Villani. Nacque a fine Ottocento in quel gomitolo di case che ancora è Cansano Vecchia, e lì morì nel 1958, settantasette anni più tardi. Chiara, diversamente dalle sue sorelle, non volle mai sposarsi: single per scelta, elegante per vocazione, lasciava sfuggire dalla tuaglia (il copricapo) una ciocca di capelli schiarita dalla cenere e indossava sempre l’abito della festa (quello che oggi definiamo, a ragione, costume tipico), da lei stessa confezionato e decorato con arte magistrale.

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Chiara Villani nella sua abitazione a Cansano (AQ)

Tra i compaesani, infatti, era famosa come maestra di cucito e, in particolare, come esperta di punto a croce: non di rado, raccontano le anziane, usava sedersi nei vicoletti del paese, circondandosi di giovani desiderose di apprendere dalle sue mani esperte l’antica arte del ricamo.

Ma il solo ricamo non bastò a soddisfare l’estro creativo di Chiara Villani: come un novello Pigmalione di ovidiana memoria, all’età di quarant’anni decise – non è noto il perché – di sfogare l’ispirazione in un’opera più ambiziosa. Abbandonati (ma non del tutto) ago, filo e uncinetto, imbracciando matita, righello, pennello e pigmenti di origine naturale, sulle pareti della propria camera da letto realizzò un piccolo capolavoro, certamente oggi unico al mondo: un originalissimo ed elegante affresco… a punto a croce.

arte abruzzese

© Pasquale di Giannantonio

La tecnica, codificata in modo del tutto autonomo dall’autrice (che, è bene ricordarlo, non aveva ricevuto alcuna formazione artistica), consisteva nel quadrettare la parete a matita, riproducendovi poi, con pennellate dense e precise di colori vivissimi, gli schemi e le figure del punto a croce. Il risultato è sorprendente: la stanza sembra avvolta da un candido e raffinato lenzuolo istoriato, come una catacomba senza tempo, in cui le decorazioni – angeli, palombelle, pavoni, cagnolini, greche, fiori, cesti di frutta – si avvicendano armonicamente in giochi simmetrici ed equilibrati, che difficilmente si assocerebbero ad una mano inesperta.

E invece Chiara Villani, artista tutt’altro che inconsapevole, non disdegnò addirittura di apporre, a mo’ di suggello, le proprie iniziali – forse le uniche lettere che sapeva scrivere – a margine dei decori più elaborati, e di patinare l’opera di una sfumatura celebrativa: sulla volta della scala d’accesso si staglia la figura di un fascio littorio, orientato verso una parete su cui spicca la figura stilizzata di un soldato in abiti neri e fucile in mano affiancato da due cani, neri anch’essi; una vera dedica al regime fascista, che ci permette di collocare la realizzazione dell’opera negli anni Venti del secolo scorso.

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© Pasquale di Giannantonio

La fama di Chiara Villani e del suo lavoro, per quanto inizialmente immediata e dirompente (numerose, si racconta, furono le visite di forestieri e giornalisti), cadde nell’oblio già negli anni Settanta, quando la casa, ormai svuotata dagli arredi e dagli effetti personali, fu chiusa e lasciata in stato di abbandono.

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© Pasquale di Giannantonio

Diversi crolli hanno interessato il vano d’ingresso all’abitazione, risparmiando, fortunatamente, la stanza affrescata, ma rendendola di fatto completamente inaccessibile. L’unica documentazione completa esistente ad oggi consiste in una raccolta di foto scattate dal sottoscritto dieci anni fa, il 2 settembre 2008, quando con Jacopo Bisignani, incuriosito da una splendida foto scattata sul posto da Giovanni Guadagnoli e da un articolo sull’argomento scritto da Giovanna Ruscitti pochi anni prima, visitai quello che ormai era già, per noi Cansanesi, un luogo leggendario.

E ancora oggi, mentre l’ombra della solitudine si cala inarrestabile e silenziosa tra le vie del paese, impregnandole di fascino, resta emozionante pensare che dietro una vecchia finestra di Via Due Porte si cela quel che indubbiamente costituisce un totem dell’operosità femminile abruzzese, giunta, con Chiara Villani, ad un apice imprevedibile e sconosciuto, sic adeo ars latet arte sua: tanta è l’arte che nell’Arte si cela; e se infiniti sono i segreti e le memorie che ogni paese raccoglie, quello custodito da Cansano resta, ad oggi, un emblema di confortante bellezza, un piccola meraviglia densa di valori di terra d’Abruzzo.

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Originario di Cansano (AQ), vivo a Sulmona, dove mi occupo di arte, spettacolo, musica e tradizioni, per le quali nutro una passione che non ha eguali – se non, forse, quella per le pietre vecchie dei paesi abbandonati. Tra uno spartito e l’altro, bevo genziana, scrivo e mi racconto storie antiche.